Una respirazione profonda e regolare determina una maggior carica energetica dell’organismo e un’intensità maggiore delle emozioni, mentre, al contrario, uno stato di inspirazione cronica comporta una riduzione della carica energetica e conseguentemente una minore intensità delle emozioni stesse.
Il diaframma è un muscolo grande, a forma di cupola, che attraversa il corpo a livello della vita, dividendo la metà superiore da quella inferiore, e che presenta dei fori per il passaggio dell’esofago, delle vene, delle arterie, ecc. sopra di esso ci sono il cuore e i polmoni, mentre sotto vi sono lo stomaco, l’intestino, il fegato, il pancreas, i reni.
Noi respiriamo principalmente con il diaframma, o almeno così dovremmo fare se utilizzassimo correttamente il nostro corpo: infatti se il diaframma è mobile si contrae ad ogni inspirazione, cosicché il suo rigonfiamento cupoliforme si espande, appiattendosi superiormente, e ciò aumenta lo spazio nella cavità toracica e, di conseguenza, permette ai polmoni di espandersi nello spazio semivuoto mentre aspirano aria, ma, non appena il diaframma si rilassa, si allarga nuovamente verso l’alto spingendo decisamente l’aria fuori dai polmoni. I muscoli della gabbia toracica, le spalle, e così via, possono però “impedirci” di respirare quando sono troppo tesi, anche se il ruolo che svolgono nel processo di respirazione è secondario rispetto a quello del grande e potente telo muscolare diaframmatico poiché, in realtà, non devono fare altro che farsi da parte e rilassarsi.
È il diaframma dunque che per primo si tende e si irrigidisce nei bimbi infelici, interrompendo il fluire spontaneo e naturale del respiro quando vedono ciò che non avrebbero voluto vedere o sentono ciò che non avrebbero voluto sentire. Purtroppo spesso gli adulti non danno un adeguato valore ad eventi o emozioni che coinvolgono i più piccoli: “Tanto, è piccolo!” pensano. Ma proprio come un alberello viene a modellarsi dall’ambiente in cui si trova, così anche un bimbo si adegua, con tutta la plasticità di cui è capace, con la soluzione, anche psicofisiologica, che, in quel momento, gli sembra la più adatta. Così questo segmento accumula in sé l’intollerabile terrore originario che ci ha fatto separare dalla nostra stessa energia: la sensazione che a molti di noi è nota come “agitazione di stomaco”. Semplificando al massimo potremmo dire che tendere il diaframma, e conseguentemente sospendere o ridurre il nostro respiro, sia un po’ come un’anestesia emotiva a cui ricorriamo quando il dolore emotivo è valutato troppo forte, lancinante, insostenibile.
Più il diaframma è teso, maggiore sarà la separazione totale tra testa e ventre, tra ragione e istinto, tra conscio e inconscio, tra “cielo” e “inferi”. Nel libro Etere, Dio e Diavolo, Reich esprime la connessione del respiro, tra “Dio” come rappresentazione delle forze naturali della vita e della bioenergia dell’uomo e il “Diavolo”, come rappresentazione distruttiva di queste forze vitali.
Spesso si ha una sensazione molto intensa, che viene definita come uno “sprofondare” oppure come un “tuffo” allo stomaco. Questa è una descrizione molto accurata del movimento repentino che avviene al confine tra la parte superiore e quella inferiore del nostro mondo interno. La sensazione di sprofondare corrisponde al cadere dentro noi stessi, ovvero nel regno dei sentimenti viscerali, dove le emozioni e le sensazioni sono molto meno traducibili razionalmente di quelle che invece arrivano dalla testa e dalla parte superiore del corpo.
Il diaframma è trasformato in un “pavimento” e quando questo inizia a cedere, allorché il lavoro psicocorporeo permette al diaframma di tornare a essere mobile, può essere profondamente disturbante per il soggetto: chi ha il diaframma teso, molto spesso respira con il torace o con la pancia; oppure, se entrambi si muovono, non lo fanno in sincronia, cosicché la pancia può addirittura incavarsi mentre il torace si espande e viceversa.
Il diaframma spesso trattiene la rabbia omicida oltre alla paura: una rabbia cieca, totale, che può diventare furia, contro la repressione originaria che rende il respiro corazzato e che spesso può essere localizzata ai lati e dietro il segmento vita, dove il diaframma si ancora alle ossa; alcuni chiamano questi muscoli laterali i “muscoli del rancore”. La tensione nella parte bassa della schiena, classico problema di questi tempi, può spesso essere in relazione con il diaframma bloccato e con i conflitti tra le necessità quotidiane e i sentimenti più “alti” e quelli più “bassi”, soprattutto quelli che riguardano il bacino, ossia il livello genito-oculare, la propria adolescenza.
Così un problema fondamentale del diaframma è quello del “controllo”. I problemi in quest’area solitamente sorgono dalla lotta per “controllarsi”, secondo un insegnamento fondamentale ed impossibile, che la nostra cultura impartisce ai suoi figli mentre la nostra natura richiede spontaneità.
Il tentativo di essere padroni di se stessi coinvolge notevolmente il diaframma. Solo pochi possono controllare il proprio battito cardiaco, ma tutti noi possiamo controllare il respiro anche se facendolo abitualmente ci rechiamo un grosso danno, nonostante la capacità di essere consapevoli del proprio respiro, cavalcando dolcemente le sue onde, sia profondamente benefica per la nostra salute e per il nostro equilibrio psicofisico: quando il diaframma è libero e mobile, siamo aperti a raccogliere spontaneamente ciò che risiede nel “profondo”, siamo aperti cioè al nostro pensiero “viscerale”, alle nostre emozioni e alla vitalità che esse raccontano.
Nicoletta Ferroni e Alfonso Guizzardi
tratto dall’articolo contenuto all’interno del GRANDE LIBRO DI MEDICINA E PSICOLOGIA VIBRAZIONALE a cura di Alfonso Guizzardi, Ed. Sì