La respirazione e l’uso della mascherina
La mascherina copre la bocca, organo di espressione del proprio pensiero, del proprio Sé, che consente di dire all’altro che cosa si pensa, qual è il proprio punto di vista, fosse anche diverso, contraddittorio, alternativo. Quindi la mascherina viene percepita dall’inconscio come un “bavaglio”, come un oggetto che annulla la possibilità di esprimere il proprio pensiero.
Inoltre, la mascherina copre metà del viso, rendendolo irriconoscibile, facendoci perdere identità e confondendoci nella moltitudine: uno, nessuno, centomila direbbe Pirandello. E, di fronte alla moltitudine, è sempre più difficile esprimere un pensiero differente, individuale, autonomo. La moltitudine è un fiume e le gocce d’acqua che lo compongono lo seguono fedelmente.
L’uso della mascherina è, primariamente, tabù del corpo visibile, della propria identità individuale che, proprio con il suo uso, si confonde con la moltitudine: È soffocamento della voce e della libera espressione del proprio Sé.
Ci sono tanti modi per velarsi, per sparire nascosti dietro al velo, ovvero tanti modi per impedire od ostacolare lo scambio fra uomini, per negarsi di essere disponibili alla relazione con l’altro da Sé.
E la respirazione ne risente?
Certamente inalare gli scarti del proprio respiro, come l’anidride carbonica riemessa, modifica gli equilibri nel sangue, può portare a ipercapnia, ovvero una quantità eccessiva di anidride carbonica presene nel flusso ematico che determina, a sua volta, confusione, dispnea, stordimento, svenimenti, tachicardia, extrasistole, spasmi muscolari, ecc…
Quindi che fare? cercare il più possibile di respirare liberamente, di esprimersi liberamente, di fornire al proprio corpo e alla propria anima
Ogni volto velato è voce soffocata, libertà non formulata, identità negata, volontà spezzata.
Alfonso Guizzardi, psicologo, psicoanalista energetico vibrazionale